venerdì, aprile 21, 2006

Horibe Akemi - una lunga storia di amicizia...

Ho conosciuto Horibe Akemi dodici anni fa.

Facevo parte della Nazionale Italiana che partecipava ai Campionati del Mondo di Kendo di Parigi. All’epoca, il Direttore Tecnico era il Maestro Hirano e la Confederazione Italiana Kendo attraversava un periodo a dir poco inquieto. Nell’edizione 1994, non esisteva ancora il Campionato Femminile come lo conosciamo oggi – c’era solo un Goodwill Match, anche a causa delle resistenze della Federazione Internazionale che esitava di avviare ufficialmente un vero e proprio torneo mondiale riservato alle donne. Le giapponesi, infatti, non avevano mai partecipato.

La formula degli individuali era ad eliminazione diretta, per tre ragazze per nazione. Passai i primi due incontri in modo abbastanza agevole. L’anno precedente ero arrivata terza ai Campionati Europei di Turku e continuavo a ripetermi che tutto sommato questo doveva ben significare qualcosa. Il combattimento successivo era con una ragazza di Hong Kong – devo ammettere che pensai: “Hong Kong? deve essere una pellegrina...”. L’incontro durò poco meno di venti secondi. Horibe mi stampò due men poderosi e velocissimi prima ancora che avessi finito di capire che lo shiai era iniziato. Tanti saluti – e forse la storia sarebbe potuta finire lì.

A Parigi, penso anche grazie alle pressioni dei Francesi, fu istituita una competizione dimostrativa – quindici donne giapponesi, contro una squadra mista di Europei. Ancora oggi non so chi ringraziare (il Maestro Hirano?), ma venni inclusa nella squadra, come quattordicesima, a rappresentare l’Italia. Il secondo Italiano della squadra, A. Rossi, venne inserito al quindicesimo posto. Tranne in un incontro – vinto da Dutton, un omaccione inglese – le signore giapponesi ci macinarono agevolmente: quasi tutte campionesse in qualche categoria, con maggiore o minore agio, vinsero tutte. La mia avversaria si chiamava Shinohara Mayumi. L’incontro fu abbastanza combattuto – e diciamo che feci del mio meglio per non sfigurare – ma terminò comunque due ippon a zero. La quindicesima, Sato Rie (oggi un famoso settimo dan), pareggiò con Rossi, zero a zero. Subito dopo l’incontro, durante i ringraziamenti di rito, rimasi molto sorpresa nel vedere di nuovo Horibe accanto alla mia avversaria Shinohara – e soprattutto nello scoprire che erano sorelle! In due giorni di shiai avevo combattutto con entrambe. Parlando – devo dire, con un po’ di fatica – con le sorelle Horibe, venni a sapere che Akemi (con un lungo passato di agonista in Giappone) viveva ad Hong Kong assieme al fratello Masahiro, mentre Mayumi si era sposata (con il signor Shinohara, appunto) e viveva vicino a Nikko. Conservo ancora il kendogi bianco che mi regalarono, con una lunga dedica scritta a pennarello firmata da entrambe.

Andai in Giappone per la prima volta nel 1995, quindi un anno dopo il Mondiale di Parigi. Dato che mi ero tenuta in contatto con Mayumi, pianificai anche una visita ad Utsunomiya, dove viveva. L’accoglienza fu bellissima – conobbi il resto della famiglia: il padre, che aveva insegnato Kendo ai figli, la madre, non kendoka, ma sostenitrice appassionata delle figlie e del figlio, che era in visita in Giappone. Masahiro, assieme al marito di Mayumi (medico tradizionale, che mi fece provare la mia prima e ultima esperienza di agopuntura) e ad un amico cinese che parlava bene inglese, mi accompagnò a visitare Nikko. Lo avrei incontrato di nuovo a Santa Clara, nella sua veste di coach della squadra di Hong Kong (la relazione con la famiglia Horibe mi ha anche portato a sviluppare una bella amicizia con i kendoka di Hong Kong). All’epoca della mia visita, Mayumi aveva appena avuto il suo bambino (Rintaro, che oggi ha dodici anni e vince già i suoi tornei) e aveva lasciato il Kendo per dedicarsi corpo e anima alla Naginata, che ancora oggi pratica ad alto livello. Fui davvero sopresa (e anche un po’ orgogliosa) quando Mayumi mi fece vedere la registrazione video di una cronaca sportiva della NHK – il nostro combattimento di Parigi era stato mostrato sulla rete televisiva nazionale giapponese, nientepopodimeno che con il commento dell’attuale Segretario Generale della International Kendo Federation, il maestro Fukumoto – un onore che non avrei mai immaginato.

Fui molto felice di sapere che Horibe Akemi sarebbe stata un membro della delegazione per il Kangeiko CIK del 2004. Scrissi subito ad Asami sensei per dirgli che sarei stata felicissima di avere Horibe ospite a Milano durante il suo soggiorno in Italia. Ci rivedemmo così dopo dieci anni di contatti a distanza mediati da Masahiro, che leggeva più spesso la posta elettronica. Horibe rimase a casa mia qualche giorno – apprezzando il ritmo di vita più pacato, di cui poteva godere dissociandosi dalle vorticose bevute di grappa fino a notte tarda, tanto care al resto della delegazione. Le sue lezioni lasciarono un ricordo duraturo in tutti i membri dell’AIK Budokan, soprattutto per il ritmo sostenuto, per l’energia e per l’affabilità dell’insegnante.

Nell’estate 2005, dopo lunga riflessione, decisi di tornare in Giappone. Per motivi non del tutto chiari persino a me, non avevo desiderato ripetere l’esperienza del 1995 per ben dieci anni. Forse l’esigenza di affrontare l’esame di Rokudan mi aveva di nuovo stimolato, fatto sta che finalmente mi decisi – prima qualche giorno all’Università di Saitama, ad allenarmi con i maestri Ohboki e Shioiri, poi il Foreign Kendo Leaders’ Summer Seminar a Kitamoto.
A Saitama ero ospite dell’International House dell’Università, in un mini-appartamento spartano, ma attrezzato perfettamente. Arrivata di sabato, alla domenica mi venne proposto di assistere al Torneo del Kanto: otto squadre, di altrettante provincie, composte da cinque uomini e tre donne. Una formula mai vista, con partecipanti di altissimo livello – e nella squadra di Tochigi, Horibe. Così ci incontrammo di nuovo, venendo a sapere per giunta che a Kitamoto Horibe era uno dei maestri della vasta delegazione di insegnanti, assieme a Sato Rie (che al torneo di Saitama era in veste di coach di una delle squadre). Praticai con lei tutte le volte che potevo – e sia lei, sia Sato, presero a cuore la mia preparazione all’esame. Nessuna delle due potè trattenersi per vedere la mia prova – e il fatto di non essere passata mi rattristò quasi più per loro, che per me stessa, dato che l’intera esperienza a Kitamoto era stata comunque straordinariamente stimolante. Comunicai il risultato via fax solo dopo qualche giorno...
Ritornata in Italia, ancora in ritrovata luna di miele con il Kendo, pensai di proporre al mio dojo di invitare sia Horibe, sia Sato, per con dividere con tutti i miei compagni la fortruna di questo rapporto privilegiato. Purtroppo Sato sensei non potè liberarsi, ma Horibe ce l’ha fatta – e quella che segue è una piccola intervista, fatta a Milano, nell’aprile 2006... e la storia continua...

Donatella: Quando e come hai iniziato a praticare?
Akemi: Ho cominciato a sei anni, nel 1962 – ero l’unica bambina in un dojo di tutti ragazzi nella provincia di Kanagawa. Mio padre, che era l’insegnante, mi portava a vedere gli allenamenti e tutti i ragazzi mi facevano i complimenti, per quanto fossi carina... in famiglia c’erano già i due fratelli più piccoli (Mayumi e Masahiro), perciò non ero più così coccolata... fu naturale che l’ambiente del dojo mi piacesse subito!
Feci il primo shiai a sette anni – ma fino ad allora avevo sempre e solo praticato kirikaeshi and kakarigeiko in allenamento... per me non c’era differenza... Rimasi la sola ragazza partecipante ai Campionati Provinciali, dai sette ai quindici anni, ma arrivai sempre prima o seconda.
A quattordici anni partecipai al Campionato della All Japan Dojo Federation – arrivai nei primi otto, ancora una volta in un Campionato di tutti ragazzi. Fino ai quindici anni non ho mai fatto pratica con donne!

D: Come è stato il tuo esame di Nanadan?
A: Nel 1994 sono diventata la terza donna Nanadan. Prima di me solo due c’erano riuscite: la prima, Takano Hatsue, ora ha 89 anni, ma ha smesso a 47 anni a causa degli allenamenti troppo duri; la seconda, Kobayashi Setsuko, ha 68 anni ed è stata la prima a organizzare il grande allenamento femminile che si tiene a marzo da dieci anni, ogni volta in una località diversa del Giappone.
Nel 1994 avrei già potuto affronate l’esame a Parigi, anzi mia sorella mi aveva incitato a farlo... ma il fatto di essere sul posto in veste di partecipante di Hong Kong mi faceva sentire in qualche modo favorita – temevo che l’esame non sarebbe stato severo come in Giappone. Infatti ho preferito farlo là, nonostante l’abbia dovuto provare tre volte. A novembre 1994 sono diventata Nanadan.

D: Qual è la tua idea di kendo femminile?
A: In realtà io non ho avvertito alcuna differenza fra kendo maschile e femminile fino ai quindici anni!
Penso comunque che la donna debba essere flessibile come il bambù - e per coltivare la flessibilità contro la forza, il tipo di esercizio da fare nel dojo non si differenzia. Solo, quando si pratica con gli uomini, bisogna comunque usare un po’ di cautela... occorre stare attenti alla fisicità degli avversari, uomini o donne che siano, ma in sostanza non cambia il tipo di pratica. Bisogna evitare il contatto troppo violento, selezionando la tecnica più adatta al fisico dell’avversario che abbiamo davanti. Facendo lo stesso kendo degli uomini, molte donne (anche di alto livello) si fanno male alla schiena, perchè non evitano gli impatti troppo forti...

D: Quali sono gli aspetti più interessanti del kendo, secondo te?
A: Tre aspetti, soprattutto:
Il primo è che nel kendo si può imparare, imparare, imparare! Ripetendo tante volte, tutte le tecniche si imparano meglio. E’ possibile continuare tutta la vita ad apprendere - cosa che non avviene nel judo o nel calcio. Ogni volta che si corregge un aspetto del proprio kendo, ne rimangono tanti altri da migliorare, continuamente. E’ un percorso mai finito, per questo è così interessante e divertente!
Il secondo è la possibilità di fare amicizia – con persone di tutto il mondo – specialmente frequentando questo ambiente per tanti anni...
Il terzo aspetto è la possibilità di fare pratica fino a tarda età. Io spero di poter continuare fino a cento anni e, dato che le donne vivono più a lungo ed invecchiano meglio, già pregusto il giorno in cui quando potrò battere Maestri come Asami, Inoue o Tani... voglio essere la prima Nonna del kendo – dato che quando ho iniziato io non c’erano tante donne...

D: Il ricordo più bello ?
A: L’esperienza che ricordo con maggior piacere è il Campionato del Mondo di Parigi, sicuramente – quando ho partecipato nella squadra di Hong Kong ed ho potuto trovarmi là assieme a mia sorella, selezionata per la Squadra dimostrativa giapponese.. e poi ho incontrato te… un’amicizia che dura da tanto tempo!
Invece, l’oggetto che costituisce per me il ricordo più caro è il do rosso che mio padre mi regalò quando cominciai a fare kendo –ancora oggi lo conservo con molto amore, perchè guardandolo mi ricorda tutte le volte che mio padre mi incitava e tutti gli shiai vinti...

D: Qual è il tuo consiglio per le ragazze italiane?
A: Il kendo è divertente e fa bene alla salute, ma una donna ha solitamente tante cose di cui occuparsi... se si fa troppo, poi nascono problemi con il marito, i genitori o i figli.
Quello che conta è non smettere mai: bisogna cercare di continuare la pratica, ma senza esagerare. La costanza è fondamentale – se proprio si è troppo impegnate, si può fare esercizio limitato, ma è importante non fermarsi!
E ricordate: gli uomini hanno solo la forza... le ragazze hanno anche la testa!

Qualcosa di nuovo da imparare: alcuni spunti emersi durante la pratica...

Certamente nessun maestro prima di Horibe Akemi ha potuto approfondire con le ragazze l’aspetto dell’eleganza nel modo di indossare il bougu. Per ovvi motivi, nessun maestro giapponese è potuto entrare nello spogliatoio femminile a spiegarci il modo corretto di vestire il kendogi, anche se nel tempo qualche nozione elementare è filtrata, ma sempre in modo molto lacunoso.

Il kendogi non è sportswear, ma un retaggio dei tempi in cui combattere e morire era cosa di tutti i giorni. Per questo l’abito doveva essere indossato impeccabilmente, perchè una morte improvvisa non dovesse essere disonorata dallo spettacolo privo di dignità di un cadavere discinto. Quindi nel momento in cui si indossa il kendogi, si indossa anche l’habitus mentale del combattente – concentrato ed attento ad ogni dettaglio: il kendogi ben chiuso ed allacciato, con il nastrino ben orizzonatale, l’hakama della giusta lunghezza (al maellolo, non alla caviglia!), più lunga sul davanti e sollevata sui tallloni. L’annodatura sul ventre deve essere ben stretta, con i lembi infilati sui fianchi, per consentire di stringere correttamente il tare.

L’armatura aveva (ed ha) il compito di proteggere la vita di chi l’indossa – quindi una annodatura malaccorta può significare perdere la propria protezione durante un duello. Al tempo stesso, il bougu deve conferire all’avversario un’idea di forza e quindi deve essere indossato in modo tale da accentuare al massimo questo aspetto. Il tare deve essere legato più strettamente sul ventre, lasciando però qualche centimetro di spazio sulla vita. Il do deve essere legato anch’esso leggermente più stretto sui fianchi che sulle spalle, e comunque non tanto in basso da coprire completamente la fascia del tare. Il men deve essere “educato”, quando è ancra nuovo e un po’ rigido, affinchè i men himo si allaccino sulla nuca all’altezza del monomi, cioè degli occhi, e le protezioni sulle spalle non avvolgano strettamente il collo, ma se ne distacchino stando orientate in avanti (non puntando verso l’alto!). Con questi piccoli accorgimenti, si proietta sull’avversario un’immagine di imponenza e di forza. Anche durante gli esami di dan o nello shiai questi dettagli contano!

Il kiai deve essere un crescendo, per accentuare correttamente il colpo – il nome della tecnica deve essere udito chiaramente: quindi gridate “Men!” o “Kote!”, piuttosto che suoni inarticolati... un buon kiai, con il corretto zanshin, può redimere un colpo non proprio perfetto!

Lo zanshin giusto non si prolunga più del necessario – basta passare oltre e girarsi non appena si perde il contatto con gli occhi dell’avversario – non servono passi in più, che inevitabilmente dovremmo percorrere a ritroso per tornare alla distanza giusta dal nostro avversario. Nel kendo è corretto fare solo ciò che serve, nulla di più!

E comunque, la cosa più importante è divertirsi facendo kendo, prendendo piacere da ogni nuova sfida e non accontentandosi mai del proprio livello... c’è sempre qualcosa da imparare! E se lo dice un settimo dan...

lunedì, aprile 17, 2006

Un seminario speciale...


Presto aggiungerò una breve cronaca del soggiorno di Horibe Akemi in Italia, una piccola intervista e tante altre foto... intanto invito tutte a scrivere qualche commento !

giovedì, aprile 13, 2006

Dopo qualche giorno con Horibe sensei...


Dei maestri si parla sempre bene, per convenzione. Ma Horibe sensei ha una capacità che manca indubitabilmente ad altri (sempre validissimi) istruttori - un senso pratico (oserei dire tutto femminile) che permette di applicare con immediatezza i suoi insegnamenti. Una esperienza che ti fa dire "il mio kendo non sarà più lo stesso"... prossimamente su questo blog una vera intervista - da Kendonna a Kendonna!

giovedì, aprile 06, 2006

L'Arma per eccellenza delle Donne giapponesi...


Un bel seminario di NAGINATA a Torino! Per chi di voi fosse interessata ad approfondire la conoscenza di un'arma terribile ed estremamente versatile... Avete mai provato un combattimento shinai vs naginata? davvero è un'esperienza che amplia gli orizzonti della propria pratica. Se non foste in grado di partecipare, in ogni caso, fate un po' di pubblicità nei vostri dojo!

martedì, aprile 04, 2006

Cerco compagne per viaggio in Giappone!

Avete tutte ricevuto il mail di Fumi, con il messaggio di Horibe sensei?
Il prossimo anno, al secondo sabato di marzo, io conto di esserci! Chi di voi vuole cominciare a farci un pensierino?
D.


Ciao a tutte!!
Sono Fumi SUGIMURA.
Maestra HORIBE mi ha mandato un e-mail.
L'ho tradutto in italiano, ma non e' brava, e vi mando.

FUMI

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Fine di febbraio ho ricevuto il biglietto di volo da Donatella.
Aspetto con gioia il giorno in cui potremo incontrarci.

In mia parte, ho finito il dovere della dimostrazione di kata in campionato dell'associazione di lavoro giapponese e adesso ho un sollievo.
Donatella mi ha mandato qualche messaggio gentile e facile da capire, ma mi dispiace, per me e' difficile rispondere. Le dica mi scusi.

L'altro giorno, il 11 marzo, sono andata al Budokan a partecipare all'allenamento da femmina da alcune province vicino a Tokyo.
Le partecipanti erano piu' di 300 persone.
Ogni anno luogo di riunione cambia tra le province e quest'anno e' 10th.
Qualche anno fa hanno fatto anche a qui in mia paese Tocighi.
Prossimo anno terra' a Fukushima e sara' con un po' di gioia di terme.
(In giappone, bagnare a terme e' per gioia piu' che per salute.)
Tengono al secondo sabato marzo ogni anno.
Tre anni fa quando e' stato tenuto a Gunma, anche 3 donne da Hong-Kong hanno partecipato.
Sarebbe meglio che anche Donatella possa venire a quel periodo.
Con VENTI di 7dan e CINQUANTA di 6dan..... non c'e' mai un'allenamento femminile cosi tranne questo.

Altro programma di marzo, il 25, il 26 e il 27 vado al ritiro di Kyoritsu-Universita-Femmnile di Tokyo.
Dopo faccio pratica cercando la forma migliore e godendo kendo fino a partenza.

A presto ci vediamo.

HORIBE Akemi

Kendo semi-serio ...



A chi ancora non avevo rotto le scatole dicendolo... ecco, sono stata in Africa e sono tornata ieri notte! Quindi, ecco un piccolo incoraggiamento per i prossimi appuntamenti.
Un bacio a tutte
Angela