martedì, settembre 01, 2009

Squadre - pensieri in libertà.

Durante il Sayonara Party, dopo che le ballerine di samba avevano lasciato la scena, il maestro Inoue era in vena di commenti - non sulle piume delle mulatte, bensì sul lavoro che la squadra giapponese aveva svolto: ma non ha parlato di ippon o dei singoli competitori. "Io sono solo un umile contributore", diceva, "il mio merito è stato solo quello di creare un'unica squadra: shiai-sha, managers, dirigenti AJKF, persino il medico - questa vittoria è stata di tutti!". Il medico è stato un'addizione recente, ma Inoue ha voluto includere proprio tutti, in un unico sforzo collettivo. La strategia, evidentemente in qualche misura diversa da quella del passato, ha pagato.

Cosa rende un gruppo di shiai-sha una squadra? non è una domanda infrequente, visto che in fondo si tratta di cinque individui che combattono singolarmente. Basta avere i 5 più forti e si vince. Certamente è così, ma quando non si dispone dei 5 fenomeni in grado di vincere sempre e comunque, allora la composizione della squadra diventa un fattore determinante - e così il ruolo del coach diventa quello del direttore d'orchestra: non servono solo i solisti e i virtuosi, ma anche gli esecutori affidabili - non le star, ma quelli disponibili a rinunciare al ruolo di primadonna per servire un bene più grande. I pareggiatori, i perdenti per un ippon, i temporeggiatori - tutte categorie alle quali non si vorrebbe mai appartenere, ma che servono al proposito più alto di far vincere la squadra, rinunciando al proprio ego e alla propria vanità. Sono gli strumenti di accompagnamento, ma senza di loro l'orchestra non saprebbe produrre musica.

A chi appartiene la Nazionale? non ai singoli competitori, non al direttore tecnico. Io la mia risposta ce l'ho, da quando in Nazionale c'ero pure io. Nemmeno mi aspetto che la visione sia condivisa, ma sono certa che la nostra Nazionale appartenga a tutti i kenshi italiani. Si può sempre discutere se questa "appartenenza" venga davvero sentita da chi pratica kendo in Italia. Dei nostri 2200 iscritti, solo una minoranza ha mai fatto shiai o pensa che lo shiai sia qualcosa che riguardi la propria pratica. Di tutti coloro che si cimentano, regolarmente o sporadicamente, in combattimenti arbitrati, solamente minoranza è interessata alla Nazionale o agli eventi a cui partecipa una selezione italiana.
In tanti anni di pratica anche politica ho avuto modo di verificare che ciò che fa la Nazionale, invece, ha grande impatto sulla vita di tutti i kenshi italiani. E' attraverso la partecipazione agli eventi Europei e Mondiali che l'Italia ha guadagnato il ruolo di "terra del Kendo" ambita da tanti maestri internazionali, che nel corso della nostra storia hanno aiutato a crescere tutti i praticanti (e certamente non solo quelli della Nazionale).
Sarebbe bello che questa nozione fosse condivisa da tutti, indipendentemente dalla propensione alla competizione dei singoli. La Nazionale assorbe una considerevole porzione del budget confederale, ma il ritorno dell'investimento è per tutti. Quindi sarebbe doveroso aspettarsi dai kenshi italiani un supporto, se non appassionato, almeno bene informato.
E' anche vero che in quanto kenshi italiani abbiamo "diritto" anche a qualcosa dalla nostra Nazionale. Magari la vittoria, certamente il miglior rendimento possibile, compatibilmente con il "materiale umano" a disposizione, e soprattutto il massimo impegno da parte di tutti, al di là dell'ego dei singoli. Non una "macchia azzurra", quanto un gruppo che può essere additato come esempio per sincerità, generosità e desiderio di fare bene - non solo per sè stessi, quanto (bisogna dirlo anche se non è di moda) per l'Italia.

Ho provato davvero piacevole passare tempo con la squadra olandese. Le ragazze hanno ben figurato, alla squadra maschile non è andata altrettanto bene: purtroppo un paio di errori di condotta hanno impedito l'uscita dalla poule. I ragazzi si sono sentiti davvero responsabili e hanno accusato duramente il colpo.
Apprezzo molto l'atmosfera che si respira all'interno della squadra olandese: rispetto, stima reciproca e supporto, in alcuni casi vera e consolidata amicizia - il buon umore e la battuta spiritosa non mancano, ma non si avverte nè scherno, nè bullismo. Tutti si preoccupano per gli altri e sono pronti a dare il proprio appoggio, nelle piccole o nelle grandi cose.
La squadra ha raddoppiato gli incontri di pratica nell'ultimo anno e ha frequentato i principali tornei in Europa. Il Mondiale è archiviato, ma l'impegno e il rapporto costruito pagheranno sicuramente per i prossimi Europei.




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