lunedì, giugno 27, 2011

Donna Nanadan

In Giappone saranno una cinquantina – sempre defilate, anche se note e riconosciute. Hanno un kendo impeccabile ed un’eleganza altera, che i nadadan uomini non hanno. Certo, le donne nanadan giapponesi sanno di essere il punto piu’ alto dell’evoluzione loro consentita: finche’ qualcuno (uomo) non avra’ preso una posizione precisa sulla possibilita’ che mai una donna possa diventare hachidan, sono il capolinea dell’eccellenza. Non lo dicono, certo, ma lo fanno capire: questa cosa non sta loro bene. Poche hanno gia’ provato l’esame, ma credo piu’ come manifesto, che con la vera confidenza di poter passare – non tanto per un fatto tecnico, quanto proprio per una questione “filosofica”. Il dibattito fra i maestri (uomini) non pare davvero acceso: una donna hachidan, in Giappone, non e’ proprio una priorita’.
Debbo dire che quando sento parlare di questi dubbi, sulla effettiva possibilita’per una donna di arrivare mai all’ottavo, mi vengono in mente i concilii in cui si decideva se le donne avessero un’anima – o se Cristo avesse stabilito che i preti dovessero essere tutti maschi, dal momento che fra gli Apostoli c’erano solo uomini. Tutte solenni idiozie, dico io, ma notoriamente non sono una donna di fede. Ho chiesto parecchie volte ai miei maestri (uomini) quale fosse la posizione (ovviamente non ufficiale) sull’argomento: la spiegazione piu’articolata che ho ricevuto e’ stata la seguente:
Le donne, invecchiando, perdono la forza fisica che e’ necessaria, assieme alla tecnica, per esprimere un Kendo da ottavo dan.
Le donne giapponesi, mi sono detta io, che sono piccine leggerine magroline, forse invecchiando diventeranno ancora piu’ soavi. In verita’ conosco eccellenti picchiatrici che stento a vedere fragili e canute intorno ai 50 anni. Quindi, no, non me la bevo.

E in Europa? Certamente non parliamo di hachidan, visto che qui di uomini hachidan non ce ne sono. Ma nemmeno donne nanadan, ed e’ di questo che vorrei parlare.
Di donne rokudan con la necessaria anzianita’ ce ne sono. So per certo, perche’ l’ ho vista provare l’esame con questi occhi in quel di Kyoto, che almeno una ci ha pensato. Ma le altre che avrebbero gia’ da tempo potuto affrontare la prova, hanno esitato ed esitano tuttora. Una esposizione troppo pesante? O forse la disabitudine all’esame, dopo 6 anni di quieto vivere (aggiungo io, nei casi a me noti, 16 anni e piu’di quieto vivere!)? Quale strana timidezza prende le donne europee quando si tratta di provare l’ultimo esame che ci separa dalle kenshi giapponesi?
Fallire un esame non diverte nessuno. Ma per la mia personale esperienza, avendo passato al primo colpo tutti gli esami fino al quinto ed avendo impegato un anno e mezzo invece per passare rokudan, poche cose mi hanno insegnato tanto quanto un esame andato male. Sono profondamente convinta che il mio kendo sia cambiato radicalmente fra il mio primo tentativo fallito e l’ultimo andato a buon fine: una occasione straordinaria di accelerare la crescita, con il riscontro diretto nell’esame. Quindi, a parte il costo dell’esame, che penso non freni poi nessuno, se veramente motivato, perche’ aspettare? Lo stato di grazia in cui ci si sente pronti per l’esame credo sia un’utopia – non credo di essermi mai sentita pronta, anche tutte le volte che ho provato e ho avuto successo. Ma su questo approccio, so che le opinioni e i sentimenti sono discordanti, e’ sicuramente un fatto personale che viene affrontato da ciascuno in modo unico. Ma per il caso delle donne (potenziali) nanadan io credo che ci debba essere una motivazione in piu’. E’ora di abbattere un altro soffitto di vetro, non tanto per poche, quanto per tutte le donne del kendo europeo. Chiamatemi idealista, ma penso che questo sia il compito delle rokudan che vorranno cimentarsi con l’esame: e mi pare un bel motivo in piu’ per mandare al diavolo la timidezza.

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